di Gabriella Mola - foto Valentina Rosati

Bizzarra e colorata: è "la giostra", costruzione del 1930 che giace nell'agro di Acquaviva
ACQUAVIVA DELLE FONTI -  C’è la “villa del masciaridde”, la “casa degli spiriti” e persino “l’Italia in miniatura”. La campagna a sud-est di Bari è piena di antiche e particolari costruzioni messe su da estrosi proprietari che si sono spesso rifatti a uno stile eclettico e neogotico. L’ultima che abbiamo scoperto, anch’essa abbandonata, si trova ad Acquaviva delle Fonti: si tratta della “giostra”, una bizzarra e colorata residenza estiva degli anni 30 le cui forme ricordano appunto quelle di una giostrina. (Vedi foto galleria)

Per visitarla usciamo dalla circonvallazione del "paese della cipolla rossa" andando a imboccare via Cristoforo Colombo: la strada dopo 150 metri incrocia sulla destra un sentiero che conduce ai resti di due colonne in pietra che un tempo racchiudevano un cancello. Le superiamo, per ritrovarci davanti alla nostra “giostra”, detta anche “casa di Biancaneve”.

In effetti il suo aspetto rimanda al mondo delle fiabe. Parliamo di una costruzione a pianta ottagonale sorretta da otto pilastri, alta circa 15 metri e dipinta con colori che vanno dal rosso al giallo, passando per il bianco e il verde. La struttura è arricchita da “gotiche” finestre ogivali e da un terrazzino superiore coperto da una pergola in metallo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«A costruirla fu mio nonno, Eustachio Cosmo – ci spiega il 76enne Gianfranco Solazzo, nipote dell’ideatore dell’edificio e attuale proprietario -. Ma lui non si ispirò né alle giostre e nemmeno a Walt Disney, ma solo ed esclusivamente alla musica. Questo gioiellino infatti ha le sembianze di una cassa armonica: il “palco” che ospita le bande di paese. Lui infatti era un grande appassionato della “seconda arte”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Gianfranco ci accompagna quindi alla scoperta del fabbricato, situato su un punto più in alto rispetto alla campagna circostante. «La sua posizione – ci dice – fu considerata strategica dai tedeschi durante la Guerra: ne fecero una torre di vedetta e ce la requisirono, pur dandoci la possibilità di utilizzarla».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Dopo aver percorso alcuni metri tra la vegetazione incolta, ci ritroviamo ai piedi del casino, affiancato da alti alberi sempreverdi. Il piano inferiore è aperto: vi accediamo, per farci largo all’interno di un ambiente devastato, le cui pareti sono ricoperte da scritte di varia natura. «Noi definivamo questo spazio “la piscina” – sottolinea la nostra guida -. In realtà si trattava di una cisterna d’acqua utile per l’irrigazione dei campi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una scala interna conduceva poi al livello superiore, a cui però non possiamo accedere, visto che tutta la struttura risulta essere stata murata. Sappiamo che era composto da un “open space” con un soppalco che fungeva da camera da letto, quest’ultimo coperto da un tetto che raffigurava poeticamente la volta celeste. «Il livello era poi circondato completamente da un balconcino in pietra in stile art noveau – dichiara Solazzo -. Di quell’elemento architettonico non rimane però più nulla, come anche delle sculture che ritraevano otto compositori musicali». 

Permangono invece alcuni riferimenti al Fascismo, come il “Nodo Savoia” ancora perfettamente visibile sullo stipite della porta ingresso e scolpito sotto a una stella a cinque punte. «All’ingresso vi erano anche due “mori”, simbolo dell’impero coloniale italiano – aggiunge Gianfranco -: ognuno teneva in mano una rappresentazione di fascio littorio. Una di esse è sopravvissuta: la conservo nel giardino della mia abitazione di Acquaviva».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’uomo ci mostra una foto della scultura e un’altra immagine datata 26 aprile 1943 dove ad essere immortalati sono i suoi genitori, davanti alla “giostra”. La donna è incinta: è in attesa proprio di Gianfranco che sarebbe nato di lì a poco, dopo due mesi esatti

«La nostra famiglia era molto legata a questa casa – conclude l’uomo, visibilmente commosso -. Qui per cinquant’anni abbiamo trascorso in allegria le nostre estati. Fino al 1980, quando con la morte del nonno e la maggior parte dei parenti lontani dalla Puglia per lavoro, la struttura è caduta in disuso, diventando preda di vandali. La scelta di murarla è stata presa proprio per questioni di sicurezza. Ma i ricordi legati alla “giostra” sono innumerevoli, per questo io non me la sono mai sentita di distruggerla. Sarei però disposto a donarla, magari proprio al Comune, che qui potrebbe realizzare uno splendido parco, valorizzando questa strana costruzione conosciuta da tutta Acquaviva».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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Per visitarla usciamo dalla circonvallazione di Acquaviva per andare a imboccare via Cristoforo Colombo...
...la strada dopo 150 metri incrocia sulla destra un sentiero...
...che ci conduce ai resti di due colonne in pietra che un tempo racchiudevano un cancello
Le superiamo, per ritrovarci davanti alla nostra “giostra”, detta anche  “casa di Biancaneve". Parliamo di una costruzione a pianta ottagonale sorretta da otto pilastri, alta circa 15 metri...
...e dipinta con colori che vanno dal rosso al giallo, passando per il bianco e il verde
La struttura è arricchita da “gotiche” finestre ogivali...
...e da un terrazzino superiore coperto da un pergola in metallo
«A costruirla fu mio nonno, il proprietario terriero Eustachio Cosmo», ci spiega il 76enne Gianfranco Solazzo, nipote dell’ideatore dell’edificio e attuale proprietario
Gianfranco ci accompagna quindi alla scoperta dell’edificio: dopo aver percorso alcuni metri tra la vegetazione incolta, ci ritroviamo ai piedi del casino, circondato da alti alberi sempreverdi
Il piano inferiore è aperto: vi accediamo per ritrovarci all’interno di un ambiente devastato, le cui pareti sono ricoperte da scritte di varia natura
Una scala interna conduceva poi al piano superiore, a cui però non possiamo accedere, visto che tutta la struttura risulta essere stata murata
Permangono alcuni riferimenti al Fascismo, come il “Nodo Savoia” ancora perfettamente visibile sullo stipite della porta ingresso e scolpito sotto a una stella a cinque punte
«All’ingresso vi erano anche due “mori”, simbolo dell’impero coloniale italiano – aggiunge Gianfranco -: ognuno teneva in mano una rappresentazione di fascio littorio. Una di esse è sopravvissuta: la conservo nel giardino della mia abitazione di Acquaviva»
L’uomo ci mostra un’altra immagine datata 26 aprile 1943 dove ad essere immortalati sono i suoi genitori, davanti alla “giostra”. La donna è incinta: è in attesa proprio di Gianfranco che sarebbe nato di lì a poco, dopo due mesi esatti



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